Una nera signora ossuta, la falce fienaia in una mano e lo sguardo colore dell'abisso. L'iconografia classica della morte. E poi il nulla, l'oblio. Per quello che resta di noi, il riposo in un luogo malinconico, affidati a un anonimo custode che chissà se, come e quando, ci accudirà. Non è però sempre così.
«I
visitatori vengono qui da tutto il mondo. I
fiorentini lo fanno raramente.
Il fatto è che Napoleone e il suo Codice hanno secolarizzato
questi luoghi, stabilendo che fossero costruiti lontano dalle
chiese: così sono diventati brutti e paurosi. Invece i paesi
che sono rimasti fuori dall'influenza napoleonica, amano i
cimiteri.
Per noi inglesi, ad esempio, sono luoghi familiari, belli,
fatti per la contemplazione. I fiorentini ci girano attorno
con le loro auto. Non sanno che invece questa è una vera isola
di pace».
L'isola della pace è quella collinetta che spezza in due l'incessante traffico in piazzale Donatello a Firenze, il Cimitero degli Inglesi, custodito da Julia Bolton Holloway.
Amministra il Cimitero con piglio imprenditoriale, ma anche molta tenerezza, questa anziana ragazza inglese. Anzi suora, ma un po' si fatica a capirlo. Mette insieme pezzi di vita dei suoi ospiti, ne custodisce i resti mortali ma anche la memoria, ricostruendo storie e aneddoti.
E lo fa da 8 anni, da quando la Chiesa evangelica riformata svizzera - che ha fondato il Cimitero nel 1827 per dare sepoltura a chiunque non fosse né cattolico né ebreo, e che ne è tuttora proprietaria - l'ha chiamata a occuparsi di questo luogo e dei suoi oltre 1.400 ospiti.
Da Londra a Firenze: i sogni di Julia
«Sono nata a
Londra e cresciuta nel Sussex - racconta la suora -, poi a 16
anni sono andata in America. Mi sono laureata in storia
medievale e ho insegnato all'università, Berkley e Princeton
fra le altre. Poi sono tornata nel mio convento nel Sussex, ma
dopo 4 anni sono fuggita in Italia, a Firenze. Dove ero già
stata, perché in quanto medievalista ho lavorato con i
manoscritti del maestro di Dante Alighieri, Brunetto Latini.
Ho anche curato per Penguin un'edizione delle poesie di
Elizabeth Barrett Browning (che qui riposa), ed è proprio
grazie a questo che gli svizzeri mi hanno trovato e dato
questa opportunità. Che è bellissima, una grande sfida, perché
era tutto rovinato, abbandonato. Pian piano speriamo di
sistemare le cose».
Cerca fondi e mezzi per il restauro Julia. C'è qualcuno a Firenze che non si è dimenticato di questa isola e dà aiuto come può: «Guardi - mi indica - quelle piante sono state messe dagli studenti della New York University, questi sono i giaggioli di Villa La Pietra; e abbiamo anche piante del Giardino Torrigiani».
Ma i lavori necessari sono ben altri. Non è solo lo smog il nemico del Cimitero degli Inglesi. Bisogna muoversi con molta attenzione fra i vialetti perché il diserbante usato negli anni passati si è mangiato la fragile pietra serena. E le piante si ammalano. Insomma, molti soldi e molto lavoro.
Un aiuto per i rom
«Questa è la tomba di un bambino russo - indica -, i boccioli di rosa stanno a significare che questa vita non è piena. E guardi la ringhiera che la circonda: è stato Daniel a metterla a posto».
Daniel è il nome che Julia evoca più spesso. Anche perché di ringhiere qui ne ha risistemate un centinaio in due mesi («si alzava all'alba per lavorare, due mani di ferox e due di vernice, un lavoro splendido»). Daniel, sua moglie Vandana e la loro bambina sono rom, e quando sono arrivati a Firenze vivevano in una baracca.
Julia li ha incontrati alla Messa dei Poveri della Repubblica di San Procolo di Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei alla Badia Fiorentina. Li ha ospitati, fatto a Daniel un contratto di lavoro. E ha avuto un'idea. Per realizzare due sogni: la manutenzione del Cimitero e il riscatto di un popolo. Così ha fatto richiesta all'Unione europea per accedere ai fondi del programma Grundtvig, che porta il nome di un ecclesiastico e scrittore danese considerato il padre dell'istruzione popolare per adulti.
Avere quei fondi (a giugno la risposta) significherà avere a disposizione 200.000 euro per tre anni, con i quali finanziare un programma di lavoro-studio per i rom: il lavoro di restauro nel Cimitero, una professione da riportare a casa; e la liberazione dall'analfabetismo: lo studio. Anche questo da riportare a casa. Perché il passo successivo è la creazione di una biblioteca/scuola viaggiante che porti l'istruzione in alcune città della Romania: in particolare, le famiglie che prenderanno parte al progetto vivono a Buzau e Rimnicu Sarat.
Contro ogni forma di schiavitù
In effetti è davvero difficile andare a dire a un italiano che i rom hanno bisogno di aiuto.
«Sì, è vero - afferma suor Julia - ma la loro è una storia tragica. Sono stati gli schiavi dei romeni sin dal Medioevo e fino all'800. E ancora oggi sono cittadini di serie B nel loro paese. Quelli che per gli altri sono diritti, loro devono pagarseli. Ma con quali soldi? Vivono in grandissima povertà, senza istruzione né assistenza sanitaria.
Credo che la schiavitù sia un trauma sia per coloro che sono stati schiavi sia per coloro che li hanno posseduti. Ho già visto questo, in America, prima del riconoscimento dei diritti civili: e oggi abbiamo Obama».
Mi indica le tombe di Fanny Trollope, che ha scritto il primo romanzo contro la schiavitù; di Thomas Southwood Smith, un medico che ha promosso riforme per la sanità pubblica e lottato in difesa dei bambini lavoratori; della stessa Elizabeth Barrett Browning, che si è occupata anche di temi sociali; dell'americano Theodore Parker, che ha predicato contro la schiavitù. Tutte persone che «hanno influenzato le leggi per proteggere questi gruppi vulnerabili, dice.
«Ho già scritto una lettera d'invito al presidente degli Stati Uniti, il giorno stesso delle elezioni. Spero che possa venire qui, perché in questo posto c'è davvero la storia del movimento per i diritti civili».
Ci sono tanti artisti qui, scultori, scrittori, poeti. Ma anche persone normali. Americani e inglesi, svizzeri e russi, rumeni, australiani. Italiani, naturalmente. Tante lingue e tanti alfabeti.
«È davvero un luogo ecumenico, questo - conclude -. Per me è un sogno del futuro. Credo che si possa trasformarlo dal luogo del riposo in motivo di speranza. Luogo di guarigione e riconciliazione, esattamente come era: un luogo di grande creatività».
Visite
Per visitare il Cimitero non è necessario prenotare né avvisare.
È aperto il lunedì mattina dalle 9 alle 12, e dal martedì al venerdì anche nel pomeriggio: in inverno dalle 14 alle 17, in estate dalle 15 alle 18.
L'accesso è gratuito, ma un contributo per la manutenzione del cimitero sarà molto gradito.
Fotografie di
Patrizio Del Duca